La festa del lavoro è festa per la Repubblica.
Rappresenta motivo di riflessione e di impegno.
Il primo articolo della Costituzione costituisce il fondamento su cui poggia l’architettura dei principi della nostra democrazia e della nostra civiltà.
Al tempo stesso è un pungolo, un senso di marcia, una sfida costante alle istituzioni, ai corpi sociali, alle forze produttive.
Il lavoro è misura di libertà, di dignità, rappresenta il contributo alla comunità.
È strumento di realizzazione di diritti sociali.
È motore di rimozione delle disuguaglianze, tema essenziale dopo la pandemia che le ha aggravate e ne ha create di nuove.
Premessa di tutto è la sicurezza sul lavoro.
È una battaglia che viene da lontano.
L’integrità della persona e della salute dei lavoratori è parte essenziale della visione che ispira il nostro patto costituzionale.
È stata ed è elemento qualificante della lotta del movimento dei lavoratori.
Ma non è un tema di parte, non appartiene soltanto a loro.
Vorremmo che intorno a questa necessità si mobilitasse il fronte più ampio, un patto di alleanza tra istituzioni, società civile, forze sociali ed economiche, per sottolineare con forza l’impegno a combattere un flagello che sconvolge la vita di troppe famiglie, rappresenta un’umiliazione per il mondo delle imprese e una sconfitta per chi, producendo beni e servizi, vede la propria attività sfigurata da queste morti.
Ogni incidente ha un costo: umano anzitutto, morale, sociale, economico.
Supera di gran lunga quello di ogni attività di prevenzione e tutela.
La caduta mortale di Fabio Palotti a Roma, la morte di Rosario Frisina a Gorgonzola, sono solo le ultime tragedie di una insopportabile catena che dobbiamo registrare con dolore e amarezza.
Tanti gli infortuni che causano conseguenze mortali o gravi menomazioni permanenti. Grande impegno va messo in campo, nell’applicazione di tecnologie moderne per proteggere il lavoro, consentire il recupero degli infortunati.
È uno sforzo, quello per la sicurezza, da veicolare anche attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che rende disponibili risorse significative.
Unità di sforzi, quindi, per la sicurezza sui posti di lavoro.
È una responsabilità che appartiene a tutti.
Venerdì mattina, in Friuli, ho sottolineato la inaccettabilità, specialmente per i più giovani, di dover associare la prospettiva del lavoro con la dimensione della morte.
Vanno incentivate le esperienze e le buone pratiche che, come in quella Regione, si propongono la stipula di protocolli tra imprese e sindacati con l’obiettivo “Zero morti”.
Rappresenta una prova di maturità e di coesione sociale.
Eravamo avviati a uscire dalla crisi indotta dalla pandemia – anche se adesso purtroppo costretti ad affrontare nuovi rischi a causa delle conseguenze nefaste di una guerra inattesa e insensata - con risultati di crescita che si erano rivelati nel 2021 particolarmente lusinghieri.
Con l’economia e l’occupazione in crescita. Ma parallelamente sono cresciuti i rischi di infortuni sul lavoro. Ce lo ricorda l’Inail.
Il costo della ripresa non può essere pagato in termini di infortuni sul lavoro.
Così come, nei momenti di difficoltà, occorre che le aziende rifuggano dalla tentazione di ridurre le spese per la sicurezza.
Si tratta di un vincolo inderogabile.
Ci rendiamo certamente tutti conto che anche una sola morte rappresenta un costo umano e sociale inaccettabile.
Il lavoro è strumento di progresso e di affermazione delle persone, non un gioco d’azzardo potenzialmente letale.
Lo ha posto poc’anzi in rilievo il dottor Tardiola: l’obiettivo di più lavoro non può tradursi in più incidenti sul lavoro.
Per questo occorre porre in essere uno sforzo eccezionale.
L’impegno per la ripresa è, insieme, impegno per migliorare le condizioni produttive e per battere la tragedia delle morti sul lavoro.
Anche in questo ambito, come ha più volte posto in rilievo il Ministro Orlando – che ringrazio per l’indicazione di iniziative e strumenti di grande interesse messi in campo -, la promozione della legalità è fondamentale. Non mancano leggi appropriate, misure di prevenzione, norme di tutela. Sappiamo che a far le spese dove prevale l’illegalità nel mondo delle imprese è il segmento dei lavoratori meno tutelati e meno rappresentati.
La pandemia ha sconvolto gli ultimi due anni.
Ha portato morte, sofferenza, paure. Ci ha anche più largamente scoprire – forse dovremmo dire dire riscoprire – i valori della solidarietà, della responsabilità, anche delle istituzioni a servizio del bene comune.
Abbiamo dimostrato di saper affrontare la crisi.
La medesima determinazione occorre avere oggi di fronte al brusco stop alla ripresa economica indotto dall’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina.
Scoraggiarci per le prove che i tornanti della storia propongono su diversi fronti, interno, dell’Unione Europea, internazionale, è atteggiamento sterile.
Non possiamo affidarci all’inerzia degli eventi.
Un’unità consapevole tra le forze sociali deve consentire al “Cantiere Italia” di realizzare gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con un capitolo di relazioni sociali all’altezza di tempi moderni.
Non è tempo di slogan.
Non sono consentite pause nell’impegno: è indispensabile un dialogo consapevole e fruttuoso.
La nuova “fabbrica” del Paese deve saper tenere insieme funzione sociale dell’impresa, innovazione e produttività, crescita dell’economia e dell’occupazione nella dimensione nuova della sostenibilità, dignità del lavoro.
Ci ha soccorso in questo periodo la svolta che abbiamo concorso a realizzare nell’Unione Europea, che ha adottato politiche solidali ed espansive come non era accaduto in passato.
Ne è emersa l’idea di un’Europa sempre più credibile nel rappresentare l’ambito necessario della nostra rinnovata partecipazione alla dimensione globale e ad essere la chiave del nostro futuro.
Perché il domani non aspetta.
Come è avvenuto nel tempo della Ricostruzione favorita nel secondo dopoguerra dalla conseguita democrazia, come è stato per tutte le stagioni di sviluppo principali e quelle di ammodernamento del nostro Paese.
Vi è motivo di fiducia.
In questo 2022, contro ogni scetticismo, un segno positivo per la nostra economia è alla portata, malgrado le difficoltà.
Certo, sappiamo che sul terreno della condizione economica e sociale non mancano sfide come l’inflazione, indotta anzitutto dai rincari dell’energia e do molte materie prime.
Non possiamo permetterci di sbagliare: i due terzi della domanda dipendono in Italia dai consumi delle famiglie.
A loro dobbiamo guardare.
Di certo, non possiamo arretrare.
E nel procedere dobbiamo tenere fermi i valori che devono accompagnare la rotta nella condizione di oggi.
Quindi: non lasciare indietro nessuno, costruire, con i nuovi lavori, anche un welfare rinnovato, sempre più vicino alla persona, al bisogno di sostegno, di cura e di assistenza. Procedere con decisione sulla strada degli investimenti nella formazione, nella scuola, nella ricerca, nella cultura.
Alla Repubblica serve il lavoro di tutte e di tutti. Di donne, di giovani, di energie di ogni parte d’Italia.
Ognuno deve fare la parte propria per allargare la base del lavoro: anzitutto le istituzioni, ma con loro le grandi aziende, le piccole e medie imprese, i sindacati, il Terzo settore, i professionisti, la vasta e articolata realtà del lavoro dipendente e di quello autonomo.
In questo Primo maggio, che ritrova le persone riunite per affermare il valore del lavoro, desidero inviare un saluto alle Confederazioni sindacali che si riuniscono questa mattina ad Assisi per testimoniare che lavoro, pace, sviluppo sono parti inscindibili di un medesimo insieme.
Saluto tutti i lavoratori e i sindacati che oggi celebrano questa giornata del lavoro.
Invio auguri calorosi ai giovani che oggi torneranno ad affollare il Concertone a piazza San Giovanni, dopo due anni di assenza.
Il Primo maggio è un buon giorno per celebrare i valori iscritti nella nostra Costituzione.
Valori che tocca a tutti noi far vivere ogni giorno.
Viva l’Italia del lavoro, viva la Repubblica.